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La magia del Natale napoletano raccontata dallo scrittore Maurizio De Giovanni

Autore: Luigi Graziano Di Matteo02/12/2025 13:14

Si avvicina il periodo di Natale: le città si illuminano e il clima si fa sempre più festoso.

Da sempre, quello di Natale è un periodo in cui si tirano le somme dell’anno che si sta per concludere e si spende del tempo con i propri cari, riscoprendo le tradizioni che per anni hanno accompagnato le famiglie.

Questo è particolarmente vero per l’Italia meridionale, che vede ad esempio studenti e lavoratori, trasferitisi altrove per studio o lavoro, rientrare nelle loro case e riabbracciare le loro famiglie.

Inoltre, il Natale a Napoli è una ricorrenza che i cittadini vivono con grande passione ed entusiasmo. A testimoniare il sentimento di questa festività, abbiamo il piacere di intervistare il Maestro Maurizio de Giovanni.

Caro Maurizio, benvenuto ad InItaly. È un piacere averLa qui con noi per raccontare le tradizioni natalizie napoletane.
Partiamo subito con il chiederLe: ha preparato il presepe? Come si appresta a vivere questo Natale?

A casa mia comandano i gatti, e loro con le statuine hanno un rapporto, come dire, dinamico. Appena vedono un pastore, lo scambiano per una preda; il bue e l’asinello diventano palline da ping-pong, e Gesù Bambino finisce inevitabilmente sotto un divano, dove regna e governa fino a Pasqua.
Perciò rinuncio agli addobbi: scelgo la pace domestica.

Il Natale lo vivo comunque, nello stesso modo in cui lo vivono tutti quelli che hanno più memoria che tempo: con un po’ di nostalgia, molta gratitudine e la voglia di vedere le persone care, anche solo per un abbraccio.

Se Lei, in un suo libro, dovesse descrivere il modo in cui i napoletani celebrano le festività di Natale, come lo descriverebbe?

In realtà l’ho già fatto. In Per mano mia ho provato a raccontare proprio quel Natale napoletano che non è solo una data sul calendario, ma un modo di stare al mondo. Perché a Napoli il Natale non si festeggia: si attraversa.
È un tempo in cui la città sembra respirare più lentamente. Le strade si riempiono di luci che non illuminano soltanto ma in qualche modo consolano.

E poi c’è il ritorno. Quello degli studenti, dei lavoratori, dei figli che vivono lontano: come se un filo invisibile, una nostalgia genetica, li riportasse indietro, verso il porto da cui ogni storia parte.

Secondo me è una festa che non pretende perfezione, ma presenza e che si regge su una certezza antica: nessuno, nelle notti di Natale, deve restare solo.

Riprendendo un grande classico del teatro di De Filippo, crede che “Natale in Casa Cupiello” sia ancora molto attuale?

È più attuale di noi. Perché non racconta un Natale qualunque, ma quello eterno: quello delle famiglie che provano a volersi bene e non sempre ci riescono. Famiglie in cui ognuno parla una lingua leggermente diversa, e dove però basta un presepe, o il tentativo di farlo, per ricordarsi che ci si appartiene comunque. Eduardo ha saputo dire la verità più semplice: nessun Natale è perfetto, ma ogni Natale ci somiglia.

In vista del Natale, quali piatti della tradizione culinaria napoletana apprezza maggiormente?

A essere sincero, il menù tipico a base di pesce non mi piace. Lo so, a Napoli è quasi un peccato mortale, soprattutto a Natale.

Quindi mi concentro su quello che mi fa davvero piacere trovare a tavola: un buon gateau, la pasta al forno fatta come si deve, le verdure preparate con cura. E poi i dolci della tradizione: struffoli, roccocò, mustaccioli. Quelli non possono mancare.

 

Dato il contesto geopolitico in cui viviamo attualmente, quale augurio di Natale si sente Lei di fare al mondo?

Vorrei augurare una cosa semplice, e proprio per questo sempre più rara: la gentilezza. Non quella formale, di circostanza, ma quella autentica, che richiede coraggio. La gentilezza di ascoltare prima di giudicare, di fare un passo indietro quando serve, di vedere negli altri delle persone e non delle categorie. È un valore che sembra piccolo, quasi ingenuo, ma non lo è affatto: è la base su cui si costruisce tutto il resto.

Se fossimo un po’ più gentili, con gli sconosciuti, con chi ci vive accanto, e perfino con noi stessi, molti conflitti, grandi e piccoli, si sgonfierebbero da soli. Il mio augurio è recuperare la gentilezza come abitudine quotidiana. È una rivoluzione silenziosa, ma potentissima.

È stato un piacere averLa qui con noi. Ci auguriamo che possa trascorrere delle buone feste di Natale con l’affetto dei suoi cari.

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